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Manifesto della Rete in Piccolo

È singolare che «Internet» corrisponda a «i social network + Google + Amazon» per la maggior parte delle persone. Questa accezione del termine pone al centro della rivoluzione del millennio un pugno di società per azioni e annichilisce l’importanza delle centinaia di migliaia di piccoli giardini dell’informazione personale e tematica. Queste poche aziende scolpiscono a propria immagine l’esperienza di connessione tra le persone: hanno reso piú facile comunicare che conversare; piú conveniente vendere che scambiare.

Questa “rete industriale” punisce chi voglia emanciparsi dalle poche grandi aziende multinazionali, disdegna chi intenda la Rete come una biblioteca anziché come un negozio con volantini pubblicitari gratuiti (a volte), mette in un angolo chi desideri vivere la propria vita a un ritmo piú lento e, mi si permetta di dirlo, umano. La quantità immane di rumore generato dalle storture dei social network e dalle vere e proprie piaghe dei siti SEO-spam soffoca la maggior parte del segnale particolare, della piccola o grande riflessione, della voglia di sporcarsi le mani di tecnologia.

Nella «Internet dei social» la pedina preferita da tutti è il fan, ovvero il fanatico; è chi rinuncia al proprio pensiero critico sulla base di un giudizio estetico non meditato, chi difende a spada tratta le proprie catene, chi scambia ogni ciritca fatta a un concetto con un attacco diretto a tutti coloro che supportino tale concetto. Il fan è il prediletto da testimonial e case di produzione, perché, dopo aver comprato una volta, comprerà sempre; e, anche quando non compra, fa proselitismo pubblicitario gratis a chiunque si trovi a tiro.

Per contro, una Rete davvero libera è una Rete decentralizzata, non fanatica e soprattutto personale: ogni internauta dovrebbe organizzare il proprio spazio nel modo che preferisce, senza i vincoli commerciali o formali del Facebook di turno. Ciò è possibile, soprattutto grazie ai siti personali, come questo: nessun limite di caratteri, nessun bisogno di titoloni pretenziosi (e, in un certo senso, tossici) né di infrastrutture colossali per tenere tutto in piedi. Chi arriverà qui (e sono in pochi, come poche sono le persone che organicamente si può incontrare di persona durante una giornata) e deciderà di restare non sarà assillato da campanelle e inviti a vaporizzare due minuti del proprio tempo per ascoltare per l'ennesima volta la pubblicità di un prodotto che non interessa a nessuno. Nessuna pubblicità, nessun consiglio in banale conflitto di interessi, nessuna sudditanza tecnologica.

Lasciamo agli straccivendoli l’«Internet dei social», riconquistiamo la biblioteca virtuale che Internet dovrebbe essere.